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ultime lettere d’jacopo ortis. | 121 |
copo finalmente, Domattina, disse, non sarò più qui — e rizzandosi, si accostò a Teresa e le baciò la mano, ed io vidi le lagrime su gli occhi di lei; e Jacopo tenendola ancora per mano la pregava perchè facesse chiamare la Isabellina. Le strida e il pianto di quella fanciulletta furono così improvvise e inconsolabili, che niuno di noi potè frenare le lagrime. Appena ella udì ch’ei partiva, gli si attaccò al collo, e singhiozzando gli ripeteva: o mio Jacopo, perchè mi lasci? o mio Jacopo, torna presto: nè potendo egli resistere a tanta pietà, posò l’Isabellina fra le braccia di Teresa che non proferì mai parola — Addio, egli dissele, addio — ed uscì. — Il signore T** lo accompagnò sino al limitare della casa, e lo abbracciò più volte, e lo baciò gemendo. Odoardo che gli era a lato ne strinse la mano, augurandoci il buon viaggio.
Era già notte; e non sì tosto fummo a casa, egli comandò a Michele di allestire il forziere; e mi pregò instantemente perchè tornassi a Padova a pigliare le lettere esibitegli dal professore C***. E partii sul fatto.
Allora sotto la lettera che la mattina avea apparecchiata per me, aggiunse questo poscritto:
Poichè non ho potuto risparmiarti il cordoglio di prestarmi gli ufficj supremi — e già m’era, prima che tu venissi, risolto di scriverne al parroco — aggiungi anche questa ultima pietà ai tanti tuoi beneficj. Fa ch’io sia sepolto, così come sarò trovato, in un sito abbandonato, di notte, senza esequie, senza lapide, sotto i pini del colle che guarda la chiesa. Il ritratto di Teresa sia sotterrato col mio cadavere.
25 marzo, 1799.
L’amico tuo Jacopo Ortis. |
Uscì nuovamente: e trovandosi alle ore 11 appiè di un monte due miglia discosto dalla sua casa, bussò alla porta di un contadino, e lo destò domandandogli dell’acqua, e ne bevve molta.
Ritornato a casa dopo la mezzanotte, uscì tosto di stanza, e porse al ragazzo una lettera sigillata per me, raccomandandogli di consegnarla a me solo. E stringendogli la mano: Addio Michele! amami: e lo mirava affettuosamente — poi lasciandolo a un tratto, rientrò, serrandosi dietro la porta. Continuò la lettera per Teresa.
ore 1.
Ho visitato le mie montagne, ho visitato il lago de’ cinque fonti, ho salutato per sempre le selve, i campi, il cielo. O mie solitudini! o rivo, che mi hai la prima volta insegnato la casa di quella fanciulla celeste! quante volte ho sparpagliato i fiori su le tue acque che passavano sotto le sue finestre! quante volte ho passeggiato con Teresa per le tue sponde, mentr’io inebbriandomi della voluttà di adorarla, vuotava a gran sorsi il calice della morte.
Sacro gelso! ti ho pure adorato; ti ho pure lasciati gli ultimi gemiti, e gli ultimi ringraziamenti. Mi sono prostrato, o