Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/121


ultime lettere d’jacopo ortis. 119

sperare — speranza forse vanissima — che un dì l’anima sua verrà libera a unirsi per sempre alla mia. — Ma addio. Queste carte le darai tutte al suo padre. Raduna i miei libri, e serbali a memoria del tuo Jacopo. Raccogli Michele, a cui lascio il mio oriuolo, questi miei pochi arredi e i danari che tu troverai nel cassettino del mio scrittojo. Vieni ad aprirlo tu solo: c’è una lettera per Teresa; e ti prego di riporla fra le sue mani tu stesso. Addio, addio.


Poi continuò la lettera che aveva incominciato a scrivere a Teresa.


Torno a te, mia Teresa. Se mentre io viveva era colpa per te l’ascoltarmi; ascoltami almeno in queste poche ore che mi disgiungono dalla morte; e le ho riserbate tutte a te sola. Avrai questa lettera quando io sarò sotterrato; e da quella ora tutti forse incomincieranno ad obbliarmi, finchè niuno più si ricorderà del mio nome; — ascoltami come una voce che vien dal sepolcro. Tu piangerai i miei giorni svaniti al pari di una visione notturna; piangerai il nostro amore che fu inutile e mesto come le lampade che rischiarano le bare de’ morti. — Oh sì, mia Teresa; dovevano pure una volta finir le mie pene: e la mia mano non trema nell’armarsi del ferro liberatore, poichè abbandono la vita mentre tu m’ami, mentre sono ancora degno di te, e degno del tuo pianto, ed io posso sacrificarmi a me solo, ed alla tua virtù. No; allora non ti sarà colpa l’amarmi: e lo pretendo il tuo amore; lo chiedo in vigore delle mie sventure, dell’amor mio, e del tremendo mio sacrificio. Ah se tu un giorno passassi senza gettare un’occhiata su la terra che coprirà questo giovine sconsolato — me misero! io avrei lasciata dietro di me l’eterna dimenticanza anche nel tuo cuore!

Tu credi ch’io parta. Io? — ti lascierò in nuovi contrasti con te medesima, e in continua disperazione? E mentre tu mi ami, ed io t’amo, e sento che t’amerò eternamente, ti lascierò per la speranza che la nostra passione s’estingua prima de’ nostri giorni? No; la morte sola, la morte. Io mi scavo da gran tempo la fossa, e mi sono assuefatto a guardarla giorno e notte, e a misurarla freddamente — e appena in questi estremi la natura rifugge e grida — ma io ti perdo, ed io morrò. — Tu stessa, tu mi fuggivi; ci si contendeano le lagrime. — E non t’avvedevi tu nella mia tremenda tranquillità ch’io voleva prendere da te gli ultimi congedi, e ch’io ti domandava l’eterno addio?

Che se il Padre degli uomini mi chiamasse a rendimento di conti, io gli mostrerò le mie mani pure di sangue, e puro di delitti il mio cuore. Io dirò: non ho rapito il pane agli orfani ed alle vedove; non ho perseguitato l’infelice; non ho tradito; non ho abbandonato l’amico; non ho turbata la felicità degli amanti, nè contaminata l’innocenza, nè inimicati i fratelli, nè prostrata la mia anima alle ricchezze. Ho spartito il mio pane