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110 ultime lettere d’jacopo ortis.

cata nelle notti cieche della tua luce. Tu risorgerai, tu risorgerai sempre più bella; ma l’amico tuo cadrà deforme e abbandonato cadavere senza risorgere più. Or ti prego di un ultimo beneficio: quando Teresa mi cercherà fra i cipressi e i pini del monte, illumina co’ tuoi raggi la mia sepoltura.»


«Bell’alba! ed è pure gran tempo ch’io non m’alzo da un sonno così riposato, e ch’io non ti vedo, o mattino, così rilucente! ma gli occhi miei erano sempre nel pianto; e tutti i miei pensieri nella oscurità; e l’anima mia nuotava nel dolore.

Splendi, su splendi, o Natura, e riconforta le cure de’ mortali. Tu non risplenderai più per me. Ho già sentito tutta la tua bellezza, e t’ho adorata, e mi sono alimentato della tua gioja; e finchè io ti vedeva bella e benefica tu mi dicevi con una voce divina: vivi. — Ma nella mia disperazione ti ho poi veduta con le mani grondanti di sangue; la fragranza de’ tuoi fiori mi fu pregna di veleno; amari i tuoi frutti; e mi apparivi divoratrice de’ tuoi figliuoli, adescandoli con la tua bellezza e co’ tuoi doni al dolore.

Sarò io dunque ingrato con te? protrarrò la vita per vederti sì terribile, e bestemmiarti? No, no. — Trasformandoti, e acciecandomi alla tua luce, non mi abbandoni forse tu stessa, e non mi comandi ad un tempo di abbandonarti? — Ah! ora ti guardo e sospiro; ma io ti vagheggio ancora per la reminiscenza delle passate dolcezze, per la certezza ch’io non dovrò più temerti, e perchè sto per perderti. — Nè io credo di ribellarmi da te fuggendo la vita. La vita e la morte sono del pari tue leggi: anzi una strada concedi al nascere, mille al morire. Se non ci imputi la infermità che ne uccide, vorrai forse imputarne le passioni che hanno gli stessi effetti e la stessa sorgente perchè derivano da te, nè potrebbero opprimerci se da te non avessero ricevuto la forza? Nè tu hai prefisso una età certa per tutti. Gli uomini denno nascere, vivere, morire: ecco le tue leggi: che rileva il tempo e il modo?

Nulla io ti sottraggo di ciò che mi hai dato. Il mio corpo, questa infinitesima parte, ti starà sempre congiunta sotto altre forme. Il mio spirito — se morrà con me, si modificherà con me nella massa immensa delle cose: e s’egli è immortale! — la sua essenza rimarrà illesa.

Oh! a che più lusingo la mia ragione? Non odo la solenne voce della natura? Io ti feci nascere perchè anelando alla tua felicità cospirassi alla felicità universale; e quindi per istinto ti diedi l’amor della vita, e l’orror della morte. Ma se la piena del dolore vince l’istinto, che altro puoi tu fare se non correre verso le vie che io ti spiano per fuggir da’ tuoi mali? Quale riconoscenza più t’obbliga meco, se la vita ch’io ti diedi per beneficio, ti si è convertita in dolore?