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ultime lettere d’jacopo ortis. 99

giudice mai. In questa gran valle dove l’umana specie nasce, vive, muore, si riproduce, s’affanna, e poi torna a morire, senza saper come nè perchè, io non distinguo che fortunati e sfortunati. E se incontro un infelice, compiango la nostra sorte, e verso quanto balsamo posso su le piaghe dell’uomo; ma lascio i suoi meriti e le sue colpe su la bilancia di Dio.

Ventimiglia, 19 e 20 febbrajo.

Tu sei disperatamente infelice; tu vivi fra le agonie della morte, e non hai la sua tranquillità: ma tu dèi tollerarle per gli altri. — Così la filosofia domanda agli uomini un eroismo da cui la natura rifugge. Chi odia la propria vita può egli amare il minimo bene che è incerto di recare alla società, e sacrificare a questa lusinga molti anni di pianto? e come potrà sperare per gli altri colui che non ha desiderj, nè speranze per sè, e che abbandonato da tutto, abbandona sè stesso? — Non sei misero tu solo. — Pur troppo! ma questa consolazione non è anzi argomento dell’invidia secreta che ogni uomo cova dell’altrui prosperità? La miseria degli altri non iscema la mia. Chi è tanto generoso da addossarsi le mie infermità? e chi, anche volendo, il potrebbe? avrebbe forse più coraggio da comportarle; ma cos’è il coraggio vôto di forza? Non è vile quell’uomo che è travolto dal corso irresistibile di una fiumana, bensì chi ha forze da salvarsi e non le adopra. Ora dov’è il sapiente che possa costituirsi giudice delle nostre intime forze? chi può dare norma agli effetti delle passioni nelle varie tempre degli uomini e delle incalcolabili circostanze, onde decidere: Questi è un vile, perchè soggiace; quegli che sopporta, è un eroe? mentre l’amore della vita è così imperioso, che più battaglia avrà fatto il primo per non cedere, che il secondo per sopportare.

Ma i debiti i quali tu hai verso la società? — Debiti? forse perchè mi ha tratto dal libero grembo della natura, quand’io non aveva nè la ragione nè l’arbitrio di acconsentirvi, nè la forza di oppormivi, e mi educò fra’ suoi bisogni e fra’ suoi pregiudizj? — Lorenzo, perdona s’io calco troppo su questo discorso tanto da noi disputato. Non voglio smoverti dalla tua opinione sì avversa alla mia; vo’ bensì dileguare ogni dubbio da me. Saresti convinto al pari di me se ti sentissi le piaghe mie; il cielo te le risparmi! — Ho io contratto questi debiti spontaneamente? e la mia vita dovrà pagare, come uno schiavo, i mali che la società mi procaccia, solo perchè gli intitola beneficj? e sieno beneficj: ne godo e li ricompenso fino che vivo; e se nel sepolcro non le sono io di vantaggio, qual bene ritraggo io da lei nel sepolcro? O amico mio! ciascun individuo è nemico nato della società, perchè la società è necessaria nemica degli individui. Poni che tutti i mortali avessero interesse di abbandonare la vita; credi tu che la sosterrebbero per