Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/100

98 ultime lettere d’jacopo ortis.

chè questo tuo stato, che a molti pure sarebbe affannoso, a te paja sì lieto! Ah se tu non fossi padre e marito, io ti darei forse un consiglio! — E senza dirgli parola, l’ho abbracciato; e mentre partivano, io li guardava stretto d’un crepacuore mortale.


1Jer sera spogliandomi io pensava: Perchè mai quell’uomo emigrò dalla sua patria? perchè s’ammogliò? perchè mai lasciò un pane sicuro? e tutta la storia di lui pareva il romanzo di un pazzo; ed io sillogizzava cercando ciò ch’egli, per non strascinarsi dietro tutte quelle sciagure, avrebbe potuto fare, o non fare. Ma siccome ho più volte udito infruttuosamente ripetere sì fatti perchè, ed ho veduto che tutti fanno da medici nelle altrui malattie — io sono andato a dormire borbottando: O mortali che giudicate inconsiderato tutto quello che non è prospero, mettetevi una mano sul petto e poi confessate — siete più savj, o più fortunati?

Or credi tu vero tutto ciò ch’ei narrava? — Io? Credo ch’egli era mezzo nudo, ed io vestito; ho veduto una moglie languente; ho udito le strida di una bambina. Mio Lorenzo, si vanno pure cercando con la lanterna nuove ragioni contro del povero perchè si sente nella coscienza il diritto che la natura gli ha dato su le sostanze del ricco. — Eh! le sciagure non derivano per lo più che da’ vizj; e in costui forse derivarono da un delitto. — Forse? per me non lo so, nè lo indago. Io giudice, condannerei tutti i delinquenti; ma io uomo, ah! penso al ribrezzo col quale nasce la prima idea del delitto; alla fame e alle passioni che strascinano a consumarlo; agli spasimi perpetui; al rimorso con che l’uomo si sfama del frutto insanguinato dalla colpa; alle carceri che il reo si mira sempre spalancate per seppellirlo — e se poi scampando dalla giustizia ne paga il fio col disonore e con l’indigenza; dovrò io abbandonarlo alla disperazione ed a nuovi delitti? È egli solo colpevole? la calunnia, il tradimento del secreto, la seduzione, la malignità, la nera ingratitudine sono delitti più atroci, ma sono essi neppur minacciati? e chi dal delitto ha ricavato campi ed onore! — O legislatori, o giudici, punite: ma talvolta aggiratevi ne’ tugurj della plebe e ne’ sobborghi di tutte le città capitali, e vedrete ogni giorno un quarto della popolazione che svegliandosi su la paglia non sa come placare le supreme necessità della vita. Conosco che non si può rimutare la società; e che l’inedia, le colpe, e i supplizj sono anch’essi elementi dell’ordine e della prosperità universale: però si crede che il mondo non possa reggersi senza giudici nè senza patiboli; ed io lo credo poichè tutti lo credono. Ma io? non sarò

  1. Questo squarcio, benchè si trovi senza data, in diverso foglio, e per caso fuori della serie delle lettere; nondimeno dal contesto apparisce scritto dallo stesso paese, il dì dopo, in aggiunta al racconto.