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952 | salvatrice |
— Ella non conosceva Venezia? domandò, ad un tratto, la fanciulla.
-_ No, è una poesia che il mio sguardo ignorava. Vengo da Roma per trovare del parenti...
Ah!... ed è pittore? domandò ella con un lieve sorriso.
— Si... come lo sa?
— Si capisce subito, dalle sue parole, dai movimenti delle sue mani.
Esporrà... qui in Venezia?
Non ancora...
Bisogna avere coraggio, nella vita.
Ne ha lei del coraggio?
Ho dovuto averne molto. Sono istitutrice — diss’ella senz’altro commento.
La mezz’ora d’attesa era rapidamente trascorsa e il vaporetto che avevamo veduto sguisciare fra i bastimenti del bacino arrivava. Vi salimmo insieme con pochi passeggeri, insieme sedemmo sopra una panca di prora.
Sul canale di Chioggia, fra i gruppi di pali biancheggianti, sì vedeva una fila di barche da pesca dalle vele gialliccie o ranciate, d’una tinta finissima, quali lisce, quali adorne di figure allegoriche, di simboli che equivalgono a stemmi di nobiltà. Erano cariche di masserizie, di canestri o di gente e tutte sembravano immobili e pur lentissime procedevano, abbandonate all’instabilità del vento, trasportando î marinai stanchi e sonnacchiosi in un’estasi di cadente sole. In un piccolo burchio stava una donna vestita di nero, velata, e come assorta in un grave dolore.
Un bambino giuocava cogli attrezzi da pesca sul fondo, e un uomo, il marito le cingeva amorosamente con un braccio la persona, senza curarsi di nessuno. Anna Torio osservò in silenzio quell’atto di tenerezza protettrice e il suo volto si suffuse di rossore.
Dalle secche si levò uno stormo d’uccelli e nell’aria ch’essi battevano rapidissimi coll’ali apparve un improvviso luecichio d’argento. Ma il sole cominciò a declinare irradiando sulla laguna una larga spera che a poco a poco si franse e si trasformò in due grandi chiazze sfolgoranti. Il fulgore sì stendeva sull’acqua picchiettata di macchie color del rame e le chiazze, impicciolendosi sempre, s’affocavano, abbagliantissime. Poi, non rimase più, all’orizzonte, che un immenso globo giallo, senza palpito di raggi. Lo splendore dell’acqua s’attenuò e il globo sì fece di fuoco come una bragia.
To guardavo al dolce profilo della mia compagna che quella vivida luce aveva suffuso d’un chiarore caldo, guardavo al suo volto spirante una perfetta purezza e sotto la cui voluta placidità s’agitava un tumulto di nobili entusiasmi.
Eravamo già rientrati nel bacino, ove guizzavano, in mezzo ai fermi navigli, leggiadre gondole e sandolini, lasciando una lunga traccia, una specie d’allumacatura più chiara sulla laguna, ora disseminata di pagliuzze d’argento, or fiammeggiante di carminio.
Vi sono, nella natura, dei momenti di passione e a Venezia, nell’ora affascinante deltramonto, sembra spessocheundramma si compia, che una sanguinosa battaglia si dia sulla terra e nel cielo, fra gli splendori fuggenti e le grandi ombre che di:
scendono. Anna Torio ed io ne sentivamo l’influsso come se dal profondo delle nostre anime i misteri quasi paurosi del creato suscitassero un’arcana rispondenza.
Scendemmo insieme dal vaporetto e ci fermammo uno accanto all’altro sulla riva.
Un polverio d’oro s’era sparso sull’acqua; fuochi strani s’accendevano qui e lì fra i cristalli delle bifore snelle, e si. consumavano rapidamente, lasciandovi una velatura rosata. Anche dall’orizzonte il rosa sfumava verso lo zenit, tutto era color di rosa, una tinta delicatissima che persisteva e lottava contro le tenebre come una speranza che non sapesse disperdersi.
Anna Torio, per prendere commiato, mi stese la sua manina stretta nel guanto ‘ Nero.
— Mi permette d’accompagnarla? chiesi io incapace di sopportare il pensiero che ella mi lasciasse così.
— Grazie, accetterei volentieri, ma non conviene, diss’ella con grande semplicità.
— Nessuno ci conosce qui, e la convenienza può essere una volgare convenzione... almeno alcuni passi, fino, alla piazza...
— Ebbene andiamo! diss’ella colla sua solita dolcezza dignitosa.
Gli angeli dalle ali dorate che stanno inginocchiati fra ipinnacoli sull’arco della facciata di San Marco, risplendevano ancora, misticamente, come se ardessero di pietà nell’aere amarantino.
La notte, lenta calava, e da tutte le parti s’innalzavano suoni di campane, fusi ed armonizzati in un grave concerto in. cui la gloria antica sembrava risorgere.