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V.

Valeria entrò nel salotto con una studiata apparenza di serenità, ma s’avvide che Stefanis, al suo arrivo, aveva mutato colore.

— Buon giorno, dottore — diss’ella, con fredda amabilità, senza stendergli la mano, mentre il giovane s’inchinava; — a che cosa devo ascrivere il piacere della sua visita?.. Miss Cox non è in casa, ma io non ho voluto ch’ella si disturbasse due volte...

— Compatisca il mio ardire, signorina. La cagione che mi conduce è strana... il caso, o uno sbaglio forse... chi lo sa?... una parola sola e parto subito.

— S’accomodi, la prego, — soggiunse Valeria, con grande pacatezza, additandogli una poltroncina e sedendogli di faccia, sopra un sofà. — In che cosa posso aggradirla?..

— Oh! non sono venuto a chiedere un favore — disse Stefanis, arrossendo improvvisamente. Adempio ad un semplice dovere, e restituisco una lettera la quale... credo... le appartiene.

— Una lettera?..

— Sì, una lettera di Valdusa, che il caso, con mio vivo rammarico, m’ha fatto cadere fra le mani.

— E... ella la lesse?

— Pur troppo... la lessi... e ne chiedo perdono. Sulla busta vi era il mio indirizzo... lo scritto è breve... insomma, un quiproquo deplorevole... Peppino è sempre stato un pochino... distratto.

— Davvero? oh! le distrazioni non portano sempre conseguenze disastrose — mormorò Valeria, frenando a stento l’ira che le faceva tremare le labbra.

Stefanis aveva levato intanto dal portafogli la famosa lettera.

— Non so dove abbia preso l’ardire di portarla io stesso — disse il giovane con voce alterata — non mi pareva cosa d’affidare ad altri o alla posta... Ignoro d’altronde ove Valdusa si trovi in questo momento... non volevo privarla più a lungo d’un piacere... e poi, le confesso, mi stava in mente ch’ella avesse ricevuto il foglio a me rivolto e che venne senza fallo scambiato...

— Io? le pare? non ho visto niente, si figuri! — disse Valeria con molta alterezza, senza prendere la busta che Stefanis aveva deposta sul tavolino. — Non importa ch’ella faccia tante scuse, dottore, non ne vale proprio la pena. Io le sono grata della sua premura, ma non le nascondo che, quand’anche ella avesse restituita più tardi la lettera al conte Valdusa io non ci avrei perduto nulla... proprio nulla. Fra me e quel... signore, non esiste più alcun rapporto amichevole.