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dicola convinzione offuscava! Benedetta lettera! tu sei proprio venuta in tempo per salvarmi dalla sventura! — E quasi diventava benigna verso il perfido foglietto rivelatore. Ma poi ne veniva rileggendo una parte, con triste voluttà; una fiamma divampava sulle sue guance pallide e un singhiozzo le scuoteva il petto.

La cameriera, tornando un’ora dopo dalla sua missione di carità, dovette picchiare e ripicchiare più volte prima d’essere ammessa.

— C’è di là questo signore che desidera parlare con lei, e domanda se potesse concedergli un minuto, un minuto solo d’udienza... — disse Giustina, porgendole un biglietto. Valeria lo guardò alla prima, distrattamente, poi vi fissò gli occhi: — Paolo Stefanis... mai, mai! gli dirai che non lo posso ricevere, gli dirai che sono indisposta, che non vedo nessuno... va da Miss Cox, pregala di fare le mie veci.

— La signora è uscita poc’anzi — replicò la cameriera.

— Uscita! e dunque, io non lo ricevo, hai capito. Ma no, Giustina, aspetta.

— Che vorrà egli? proprio lui, proprio quello a cui è diretta la lettera!.. — mormorò fra sè, e mentre, nella sua irresolutezza, tornava a scorrerla collo sguardo, le cadde sott’occhio la frase: i milioni che a te, caro idealista, facevano orrore, e, mutando subito pensiero — no no, — soggiunse — è meglio che lo veda, digli che s’accomodi nel salotto, poi vieni a ravviarmi i capelli.

Giustina, tornando, la trovò già dinanzi allo specchio, e in pochi minuti, con alcune forcine di tartaruga, la bruna testina fu acconciata.

Valeria si cacciò in fretta sulle palpebre alterate il pietoso piumino della cipria, scelse un’elegante toeletta da mattina, tutta guernita di nastri rossi, si mise in seno una rosa, poi, assumendo all’improvviso un fare gioviale, quasi spensierato, e agitando, con grazia, il piccolo ventaglio, s’inoltrò nel salotto ove Stefanis l’attendeva, con una forte palpitazione.

Che cosa l’aveva guidato colà? affetto. Indarno il giovane diceva a sè stesso che quella visita era una mancanza di tatto e che la lettera andava restituita a Valdusa; egli si sentiva trascinato da una forza arcana, da una magica tentazione, egli così solito a dominare il proprio istinto. Doveva essere quella la sua prima ed ultima visita, la sua prima ed ultima follia, un addio segreto, senza speranza, tutto compenetrato dall’aspra voluttà del sacrifizio. Non portava egli la lettera d’un tenero fidanzato? Sotto quest’usbergo egli si sentiva sicuro, la sua passione non aveva paura di tradirsi.