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26 | la fanciulla straniera |
Adesso egli non trovava pace, si sentiva sempre inquieto e spesso turbato dal singolare desiderio di soffocare fra le sue braccia e coi suoi baci la rivolta di quella creatura superba, come se da una tale imperiosa e prepotente vittoria dovesse divampare la più intensa delle passioni.
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Quella sera giunse un invito di Simonetta d’Origo per le sorelle de Rosas ch’ella pregava di condur seco anche la loro cara ospite. Trattatasi d’un girl tea in giardino.
— Come? punti signori? — domandò Dorabella.
— Ti pare? dice ch’è una piccola riunione intima — rispose Malvina — non saremo che in sei o sette al più, forse per un cortese riguardo al lutto di Aennchen... in quanto ai signori, per una volta, se non ci sono tanto meglio! ci divertiremo a parlare di loro.
Anna tentò indarno di schermirsi. Dovette subire la necessaria visita in casa d’Origo e intervenne due giorni dopo, con le sue cugine, al thè delle cinque.
La fulva Simonetta, un fiore di fanciulla sui vent’anni, le accolse in un padiglioncino rivestito di kud-giù dalle larghe foglie e presentò ad Anna le altre amiche ch’erano già arrivate, le biondissime Félicité e Regina La Haye, due francesi residenti da molto tempo a Roma, e la marchesina Isotta Bruzzo, una piccola napoletana, affascinante e maliziosa, tutta occhi e vivacità.
Le fanciulle, tolta Simonetta che portava un vestito d’un languido color di viola, erano in bianco e quasi tutte snelle e attillate nei corpetti semplici, sorridenti sotto l’aureola dei grandi cappelli scuri. Parve ad Anna d’essere una nota lugubre in tutta quella femminile allegrezza. Ma subito Simonetta s’appoggiò al suo braccio per mostrarle il giardino fiorito di licnidi rosa e di nemofile azzurre dall’occhio nero. Dorabella e Isotta, le più giovani, si cercarono per formare una seconda coppia, mentre le due sorelle La Haye si dileguavano con Malvina in un viale fiancheggiato da arbusti in fiore che mandavano fino a terra la loro pioggia di candide umbelle.
Bella d’una bellezza soave e punto vanitosa, Simonetta era una di quelle creature investite di grazia che sembrano nate per amare, per farsi amare e per render lieta la vita agli altri col benefizio d’una sincera, indulgente bontà. Alla scarsezza dell’ingegno ella suppliva con un limpido buon senso, parlava poco, ma era sempre molto cortese con tutti. Verso di Anna si dimo-