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la fanciulla straniera 25


— Tu hai voluto una specie di confessione da me... sarei autorizzata a chiedere il ricambio.

— Interroga, sono pronto a soddisfarti! — rispose il giovane, con dolcezza, studiandosi di apparire tranquillo.

Non gli era mai accaduto di sostenere una conversazione simile con una fanciulla e ne provava un senso di strana inquietudine sempre oscillante fra il dispetto e il compiacimento.

— No, no ti faccio grazia — riprese Anna — ho scherzato. La vostra vita è troppo complessa e complicata per poterla analizzare con efficacia. Quello che si può sapere, l’hai già involontariamente rivelato... e te lo dico io... Tu ameresti molto... l’abnegazione della donna.

— È vero. Ne convengo.

— Forse... l’hai già trovata...

— Ah! non credo, Anna!

La fanciulla lo scrutò profondamente e stavolta i loro occhi arsero col fuoco cupo di due volontà in sorda lotta. Anna, che qualche cosa di doloroso nell’intimo esasperava, fu sul punto di nominare Simonetta d’Origo, ma una fierezza istintiva la trattenne e subito mutò discorso e si mise a parlare volubilmente d’una statua del Vaticano che aveva gli occhi di gemme, d’una felce che cresceva nelle Terme di Tito, d’una visita al Policlinico ove s’era incontrata con un suo giovane collega di Berlino.

Decio s’irritava entro di sè per certi particolari poco conformi al suo concetto della vita femminile e pur sentiva che quel colloquio strano e così diverso dai soliti gli aveva destato un vivo interesse.

Quando le sue sorelle ritornarono con la madre, i loro frivoli apprezzamenti, i loro futili racconti sul giro fatto in città, sulle più o meno benevole notizie raccolte nei salotti e da Ronzi e Singer, gli parvero inutili e scialbi in confronto alle insolenti parole di quella piccola ribelle. Sempre presso a lei il tempo gli trascorreva veloce, la sua presenza gli abbelliva tutte le cose, gli procurava diletti sconosciuti nella natura, nella storia, nell’arte. Qualche volta gli pareva che la sua anima fosse uscita da una profonda quasi inconsapevole solitudine che datasse da un’epoca molto lontana, forse dalla stessa infanzia, per deliziarsi in un arcano, inaspettato convegno. Alcuni mesi addietro egli aveva provato per la bella e buona Simonetta d’Origo una serena, tranquilla simpatia, ma la comparsa di Anna era venuta a dissiparla come una nuvola rosea su un limpido cielo.