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si drizza superba e dolorosa contro l’implorante Sistrido.

«Ero eterna e sono eterna!» esclama ella, respingendolo e paventando una sorte mortale e la soggezione all’uomo, mentre nella musica l’elemento ippico e fiero delle Valchirie contrasta col grido di vittoria dell’eroe ormai sicuro del suo coraggio. Il sentimento ch’era già nato in lei, dalla pietà per i Velsi, finisce per ammaliare l’altera sua anima, ma indarno ella tenta indurre Sigfrido alle pure gioie d’un affetto spirituale ed eterno. Già la musica accenna alle inquietanti ebbrezze della passione terrena, la volontà dell’uomo prevale e, soggiogata e vinta, nella magnanima dedizione da se stessa, la giovane dea gli cade, immolandosi, estasiata tra le braccia colle gravi parole: «Luminoso amore, morte gioconda!».

L’ultima parte del duetto, a base fugata, in cui Brunilde, nel suo eccessivo esaltamento amoroso dà un perpetuo addio alle gioie del Walhalla e ne desidera il tramonto è d’una insuperabile potenza che cresce, trascina e si esala nei lunghi trilli esultanti dell’orchestra.

Siamo giunti alla quarta giornata, al Crepuscolo degli dei, al grande epilogo, alla parte piú concettosa forse piú affascinante del grande dramma.

Il prologo ci presenta ancora la scena nel l’ultimo atto del Sigfrido: il colle delle Valcherie. Fa buio e nel fondo pare che lampeggi: sono i bagliori delle fiamme che circondavano Brunilde e gli sfavillanti accordi coi quali ella salutò la rinascente vita eccheggiano ancora coi dolci suoni dell’arpe. Ma presto la tristezza predomina colla notte. A mala pena si discernono nell’ombra le tre Norne, le figlie di Erda, le parche della nordica saga, che cantano e filano tentando d’annodare ad un abete il robusto stame d’oro. Piú non vale l’antica quercia a reggerlo dal di che Wotan ne se il germoglio primo, onde formarne l’asta della sua lancia ed incidervi i suoi runi;; il tronco disseccò.

Grave è il canto delle Norne e presago, di nuovi eventi poichè un fatale destino pesa anche sulle tre poetiche filatrici. Lo stame, all’improvviso, si spezza, «finisce la sapienza eterna» e con questo rimpianto esse si sprofondano nel suolo.

Albeggia e un hell’intermezzo dell’orchestra che descrive «il sorgere del giorno», precede un nuovo duetto di Sigfrido e di Brunilde che escono insieme da una stanza scavata nella roccia.

Presso ad intraprendere un viaggio che appaghi il suo desiderio d’azione, il Velso lascia in ricordo alla sposa il fatale anello mentr’ella gli affida il suo diletto cavallo. E ardente ancora il loro amore, ma trasformato e piú umano.

Dal giovinetto è sorto l’uomo, la Valchiria ha acquistato una certa grazia matronale: ad interpretazione del loro animo mutato si modificarono i temi musicali;egli si è fatto sempre piú valoroso per gli insegnamenti avuti dalla saggia figlia degli dei, ella, cedendo la sua saggezza è divenuta sempre piú umana e mentre per Sigfridola musica assume accenti piú eroici, la dolce femminilità di Brunilde è espressa da un motivo soavissimo che predomina nel tenero e commovente colloquio d’addio.

Uno splendido squarcio orchestrale, spesso ripetuto nei concerti, narra il viaggio di Sigfrido. Egli affronta di nuovo le fiamme, naviga del Reno e s’appressa ardito e giocondo alla reggia dei Gibelungi ove vive il figlio d’Alberico, nato senza l’amore, per seduzione dell’oro.

È l’atrio di questa reggia situata sulle rive del Reno che ci presenta il prim’atto. Gunther il re, la sorella sua Gutruna e il loro fratellastro Hagen, il truce Nibelungo, vi. stanno raccolti a consiglio.

È illustre il ceppo, ma non ha discendenti e l’insidioso Hagen,il predestinato da Wotan quale ministro del finale sterminio, suggerisce a Guntherdi conquidere la Valchiria, suppone che Sigfrido, l’eroe errante in traccia di gloriose avventure, potrebbe facilmente ammaliare il cuore della vergine Gutruna. Ma, nulla varrebbe a sedurre il Velso fuori del magico filtro da esso recato in famiglia che, qualora s’accosti una donna a chi lo ha assaporato, ogni altra donna fa porre in oblio.

Sigfrido sopraggiunge chiedendo ospitalità per lui e per il fido Grane.

Vergognosa da prima e renitente, Gutruna finisce col porgergli l’insidiosa bevanda, simbolo mirabile dell’umana fralezza e mutabilità, ove l’eroe assorbe a larghi sorsi la dimenticanza dell’amata sposa.

I vezzi di Gutruna già sorridono al Velso che piú Brunilde non ricorda, e nel totale oblio del passato amore, egli stringe coi GibiGungi il patto delle doppie nozze: egli impalmerà Gutruna, e mercé la virtú trasformatrice dell’elmo indurrà Brunilde a sposare Gunther. I due futuri cognati si giurano fratellanza bevendo dal corno alcune goccie del loro sangue miste col vino, e Hagen, estraneo al vincolo, spezza tacitamente colla spada il corno onde hanno bevuto. Essi s’allontanano insieme per recarsi poi al colle delle Valchirie, Gutruna si ritira piena di dolci trepidanze e il Nibelungo armato di scudo e lancia si colloca dinnanzi all’atrio per vigilare in attesa degli eventi.

Una tenda si chiude al proscenio e dopo breve intervallo orchestrale si riapre sul solito colle delle Valchirie, ove si vede Brunilde assorta in un’estetica e voluttuosa contemplazione dell’anello ch’ella bacia ardentemente.

Indizii di tempesta avvertono in orchestra l’arrivo d’una Valchiria, della sorella Waltradite, venuta a recarlenotizia del padre e della tristezza che domina il Walhalla dopo ch’egli vi è tornato dal suo pellegrinaggio sulla terra