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Il sacrificio di Ieronima | 21 |
Valdo si sollazzava, sotto la sua sorveglianza nella grande ortaglia, innanzi alla fattoria, quando Ieronima, attratta dalla gioiosità del luminoso pomeriggio,
avida di sole e d'aria lo prese dolcemente per mano e con atto quasi involontario uscì dal cancello nell'aperta campagna. Il [?...] verde dei germogli nuovi, intonandosi mitemente col grigio vaporoso e glauco degli
ulivi sparsi per il piano, metteva un velo di tinte delicate sull’allegro
paesaggio che i mandorli e i peschi fioriti spruzzavano a tratti di bianco
e di rosa. Una fragranza amarognola si diffondeva nell’aria e gli usignuoli
cantavano fra gli arbusti del biancospino carico di bottoni.
Ieronima e Valdo passavano di viottolo in viottolo, cogliendo qui un arum, lì un ranuncolo color d’oro. Ella nominava le piante, narrava qualche breve fiaba relativa al fiore onde fissarne il nome e l’immagine nella memoria del suo piccolo compagno, eccitandolo continuamente all’ammirazione delle forme, dei colori, dei profumi campestri, di quanto è di bello, di grande, di poetico nella natura.
— «Ti piace?» chiedeva ella sempre per avvezzarlo a riflettere.
— «Mi piace... sì, mi piace...», rispondeva il fanciullo un po' distratto, seguendo ora il volo d’una farfalla, ora il rapido corso d’un ruscello sul cui margine crescevano le piccole bellis bianche suffuse d’incarnato.
— «Quali sono le cose che ti danno maggior piacere, Valdo? pensa un pochino e rispondi... sono i tuoi balocchi, sono i libri, ifiori o le bellezze della creazione che ti circondano?..»
— «La musica e il cielo», disse il bambino con un’improvvisa serietà.
Ieronima si sentì trafiggere il cuore e lo strinse a sè, con impeto. Era così esile e sparuto!
Intanto, avevano infilato una strada solitaria fra i campi ed erano giunti ad una chiesetta di puro stile toscano che sorgeva a poca distanza da un villaggio. Un odore d’incenso venne loro incontro sulla porta: pareva che a quel mistico profumo, s’accoppiasse ancora il calore delle recenti preghiere.
Ieronima si volse al piccolo altare. Sopra le rozze palme di carta, in un tabernacolo del cinquecento, di legno corroso, un quadro della scuola del Rosselli metteva una vivida luce, una Santa sola, in adorazione, una figura purissima, rapita in una profonda estasi interna, come tutte le Sante degli antichi che hanno lo sguardo celestialmente distratto.
La fanciulla contemplò a lungo quella casta immagine su cui tanta spirituale bellezza era diffusa, poi, volgendosi ad una tavola singolare del trecento che ornava la parete destra, una fila di profeti sul fondo dorato, vide che sovra la porta v’era la cantorìa con un piccolo organo.