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la vita italiana 293


che possedeva una suscettibilità squisita per tutte le cose belle, e la cui mente si dilettava nelle più argute sottigliezze psicologiche.

La sua casa era un modello di buon gusto, d’eleganza, di mondana ricercatezza.

Posta sulle alture salubri della Trinità dei Monti, essa poteva vantare qual suo più bell’ornamento la vista dominante di Roma.

I gloriosi tramonti romani, davano, per Teodora, un fascino maggiore a quel soggiorno ed ella ne apprezzava la grandiosità orientale col trasporto che può infondere il sentimento dell’amor patrio, sentimento che Roma a volte suscita anche negli stranieri.

Il conte, ottimo conoscitore, aveva saputo spigolare qua e là nelle provincie qualche buon dipinto antico, qualche frammento di bassorilievo, ma la sua passione per i secoli d’oro dell’arte non gli faceva sdegnare gli scultori e pittori moderni, dei quali era riuscito a raccogliere alcune opere pregevolissime.

Senza distinzione di stile o d’epoca, Teodora s’era compiaciuta di scegliere per il suo salottino particolare quelle cose che più le allettavano lo sguardo e il pensiero.

Nel mezzo, s’innalzava da un’immensa giardiniera di piante invernali fiorite una statuina del D’Orsi rappresentante Stirpe d’infelici, raffigurata da un bimbo sparuto e cencioso che, in mezzo a tanta dovizia, doveva ricordarle sempre coloro che soffrono.

Nei vani delle finestre, altissime, parcamente velate da leggeri cortinagggi d’una seta bianca contessuta di fili d’argento, stavano due cavalletti in legno scolpito, portanti uno un Angelo della scuola di Benozzo Gozzoli, l’altro un pastello di Michetti: una fanciulla che viene innanzi pensosa, lungo un campo di lino fiorito, accarezzandone dolcemente la superficie tutta cerulea di corolle.

Fra i molti mobili in cui era stata fatta ricerca non solo della forma estetica ma anche della praticità che rende sì piacevole Il conversare, si trovava un istrumento musicale a scopo d’intime divagazioni armoniche, un Harmonium d’Alexandre con suvvi una coperta cinese ricamata per intero a fiori e uccelli strani, colori vivissimi sopra fondo giallo; contro la parete principale, là ove veniva a perdersi una piccola ridda d’amorini maestrevolmente dipinti a fresco, s’ergeva una porta del quattrocento, di ferro la298 vorato, mirabile reliquia dissotterrata in un convento delle Calabrie e su cui si leggevano ancor bene le parole, una volta dorate: Janua sum pacis.

Fu in quel salotto che Teodora ricevette il principe di Collalto desideroso d’indagare la propria sorte.

Ella era solita riunire i suoi amici soltanto alla sera, nelle giornate libere da impegni, ma il giovane, nella brama d’essere ammesso subito, cogliendo il pretesto d’una missione di beneficenza, aveva scritto alcune righe sulla sua carta per sollecitarne il favore.

Egli entrò, non senza turbamento, in quel piccolo santuario femminile donde gli veniva incontro un profumo inebbriante di giacinti e di freesie; Teodora, più turbata di lui, lo accolse con un’amabilità che la mal celata sorpresa rendeva un po’ esitante.

— Qual cagione vi conduce in quest’ora insolita, Collalto? chiese ella con un po’ di tremito mella voce.

— Un’opera buona, mia gentile signora; è vero che avrei potuto parlarvene anche stasera, ma sono in giro per le firme, e la vostra, che spero non vorrete negarmi, mi sta a cuore, particolarmente... Tuttavia, se vi riesco inopportuno, tornerò.

— Oh no, principe, restate, restate, ve ne prego.

In quelle semplici parole era una serietà triste che Patrizio conosceva; era forse una vaga apprensione del colloquio, una diffidenza di sè, mal celata, anch’essa, ch’egli aveva scorta’ e che lo lusingava.

Sedettero entrambi dinanzi al caminetto ove, nella fredda giornata di gennaio, ardeva uno di quegli allegri fuochi che invitano ai confidenti ritrovi.

— So che siete tanto buona, contessa, incominciò il giovane, e perciò vengo a raccomandarvi la piccola opera che sto iniziando per proteggere e sottrarre dai cattivi esempi le bambine che hanno madri immorali.

E, levata da tasca una grande busta, ne sciolse due fogli e glieli porse.

— Si tratta di sottoscriversi, semplicemente?

— Ma sì, vedete..... fui onorato dall’adesione di qualche altra pietosa dama; ho messo due rubriche perchè questa grande carità può manifestarsi in due modi, colla contribuzione e forse. ancor più coll’opera, colla sorveglianza, coll’energia.