Pagina:Turco - Il romanzo di Luisa Hercolani.djvu/16

302 la vita italiana


che mi minaccia e che tutti vogliono nascondermi, assume per me un fascino strano, come se altrove, il mio sogno dovesse avverarsi.

«Non voglio affliggerti, amica mia. Non ti infastidire di me nella tua costante premura. Il mio cuore e la mia mente sono tutti compresi dalla Sinfonia in do minore di Beethoven che udimmo ieri alla sala Dante. L’attacco del primo tempo, non so perchè, mi ha fatto pensare all’Eternità. Tutto passa. Ah Teodora! Teodora, ti ricorderai di me, nell’avvenire? quando sarò laggiù laggiù, m’intendi?:..... La realizzazione del mio sogno m’avrebbe salvata, lo sento e invece je meurs je meurs!...

«Non ti dar pena; non sono triste. Ho, anzi, rimorso d’averti parlato sempre di me, egoisticamente... ma ero tanto desiderosa di parlarti e non posso uscire, nemmeno in carrozza perchè sconto con un’infreddatura la gioia del concerto... Perdona alla tua

Luisa».

Patrizio aveva ascoltato in silenzio, ma con una violenta commozione. Oltrechè la morta era sua cugina, il trasporto funebre a cui aveva assistito era stato così toccante da disporre il suo animo alla più pietosa simpatia.

Quando Teodora, lagrimando, ebbe finito, egli stese la mano verso il foglietto per rileggerne qualche brano; ma, nel porvi gli occhi, fremette e gli si annebbiò lo sguardo. Era la scrittura identica della lettera che gli era pervenuta mesi addietro, che lo aveva tanto preoccupato e ch’egli minutamente ricordava. Un dolore quasi angoscioso lo assalse. Lei! Luisa! Mai mai, nel lungo dubbio, aveva pensato a sua cugina.

— Contessa, disse sforzandosi di apparire tranquillo, mi presti questa lettera, un giorno, un giorno solo; vorrei copiarla.

— La copierò io, Collalto!

— No, no, me la conceda - nessuno la vedrà — gliene dò la mia parola d’onore, e fra le mie mani non andrà profanata...

Teodora lo guardò con una specie di compiacenza, di soddisfazione dolorosa, ma senza meraviglia. Nella sua fina intuizione di donna, aveva ella intuito il vero? Compiva ella in quel momento una sottile vendetta femminile, o sì credeva in obbligo di adempiere a un sacro dovere verso la piccola morta che aveva tanto amato?

Patrizio non lo seppe mai. Egli portò l’indomane alla contessa di Faucigny, senza che ella se ne sorprendesse, la copia di quella lettera, supplicandola di lasciarle l’originale.

E i due foglietti, scritti dalla stessa mano, rimasero sempre nel suo Stipo, segretamente, fra le cose più preziose e, molte volte, in seguito, egli le rilesse, quando l’anima superficiale ed egoistica di Clara gli si fu rivelata, quando egli sentì che la felicità terrena gli era passata dappresso nella soave, inosservata figura di Luisa Hercolani, passata dappresso, e svanita per sempre...

Jacopo Turco.