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878 | fiori d'inverno |
E come, mettendoli in vaso o in cassettine nel corso dell’estate e mantenendoli a temperatura piuttosto calda si possono ottenere dai bulbi del mughetto dei fiori in gennaio, come certi piccoli frutici levati a tempo dalla terra e posti in serra temperata o nelle stanze opportune danno una fioritura precoce, così certi ramoscelli carichi di gemme florali, strappati (non tagliati) dagli arbusti in novembre e in dicembre, specie dopo i primi geli, immersi in boccali colmi d’acqua e a cui l’acqua giornalmente si rinnova e collocati accanto alle finestre ove batte il sole, sviluppano dopo alcune settimane i loro bottoni dandoci una dolce illusione di primavera.
A quest’intento si prestano sovratutto i lillà (Syringa vulgaris) a preferenza la qualità bianca, che innestata sul classico ligustro da pure ottimi risultati, i ramoscelli del pero del Giappone, di tutti gli alberi da frutto che fioriscono presto, all’aperto, di qualche spirea, del Viburnum opulus sterilis, delle dafni selvatiche, delle azalee e di taluni rododendri. In Germania quest’usanza è assai diffusa, specie nella Selva nera, anche fra le classi povere che amano adornare di freschi fiori la mensa solenne di Natale.
Ho serbato per ultimo la rosa, la rosa che fu tanto cantata, per cui tanto si scrisse, che divenne argomento di studî sì interessanti1, la vaga, la formosissima rosa in cui si concentra al massimo grado la poesia dell’orticultura, che ha destate le più forti passioni, che occupa tanti giardinieri, che trova ovunque amici e ammiratori. Anch’essa non ci largisce soltanto nel maggio, gli incanti del suo orientale profumo. Una legione di rose mi s’affaccia alla mente, bianche, gialle, salmonate, scarlatte e porporine che si prestano al gentile ufficio di consolatrici invernali; ogni gruppo, le rose remontanti, le thee aristocratiche, le bengalensi, le muscose, le rose dell’isola di Borbone, le Noisettes, perfino le cappuccine e le Banhsie contano i loro tipi docili alla mano dell’arte, ma io non rammenterò che la delicata “Marie Van Houtte„ d’un mite color d’aurora suffuso d’incarnato, la “Safrano„ i cui bottoni le fioraie parigine vendono sotto il nome di “falcots,„ la pallida “Lamarque„ antica e sempre bella, la “Gloire de Dijon,„ madre d’una stirpe caratteristica di rose thea, la purpurea M.me Elisa Vilmorin, la candida “Niphetos„ fiori tutti che coltivati a Firenze, a Genova, a Nizza e messi in commercio percorrono l’Europa, portando fra i ghiacci più crudi un soffio di gentilezza, di eleganza, un raggio di sole meridionale.
- ↑ Veggasi ad esempio il bellissimo studio sulle Rose pubblicato nella Nuova Antologia da Ersilia Caetani Locatelli.