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— Una bella figliuola sei e devi essere anche buona, devi volermi bene... io te ne voglio tanto..., già lo sai, te l’ho detto ancora...

Natalia chinò la testa, senza rispondere. Una grande dolcezza le inondava il cuore.

Sulla campagna, sul largo piano, calava lento il crepuscolo di maggio, la cittá lontana s’illuminava rapidamente d’una luce che pareva rossastra dinanzi agli ultimi pallidi chiarori del cielo.

Il giovane prese il braccio di Natalia.

— Vieni, passeggiamo un poco, andiamo laggiù nel boschetto, qui si soffoca dal caldo — egli mormorò.

La ragazza si scostò con risolutezza.

— No, laggiù non vengo — diss’ella.

— Sei scompiacente e indocile, Natalia.

— Si fa notte e non si conviene.

— Hai proprio la coscienza così sottile?

— La mia coscienza è l’unica mia ricchezza.

— Oh! che frase da vecchia commedia...! Sei ingrata verso di me, Natalia. Guarda, t’avevo portato un regalino...

E trasse di tasca un astuccio con un anello di piccole perle.

— Ti piace? lo vedi? — continuò, tentando di metterglielo nel dito.

— Sì, mi piace, è molto carino... — disse la fanciulla, alzandosi di scatto, e scuotendo involontariamente dalla snella persona i gelsomini — è molto carino, ma non lo accetterò mai, conte Lodovico.