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Se le precoci sventure avevano educato, più di ogni altra dottrina, il cuore leale della giovinetta, la vita tranquilla, regolare e serena del collegio era stata favorevole al suo fisico sviluppo, e l’insegnamento della scuola era riescito efficace al suo aperto intelletto, alle sue piccole mani per natura abilissime.

Una profonda riconoscenza verso la famiglia Pallano, un desiderio ardente di corrispondere, con tutte le sue forze, al beneficio ricevuto avevano reso meno spiacevole a Natalia il suo passaggio dal convitto al palazzo signorile, dal posto di allieva distinta a quello di cameriera protetta dalla padrona.

La contessa di Pallano viveva molto sola.

Suo marito, deputato influente e assorto dalla politica, passava parte dell’anno a Roma ove certe ostinate sofferenze nervose le impedivano di seguirlo e i suoi due figliuoli stavano spesso assenti da casa. Marcello, il maggiore, addetto alla legazione italiana a Pechino, mancava da due armi • il più giovine, Lodovico era tornato in quei giorni da un lungo viaggio in Inghilterra al quale lo studio aveva servito di pretesto e lo sport di scopo principale.

Il personale di servizio era sempre molto numeroso, ma Natalia o Natalì, come spesso solevano chiamarla, passava la giornata fra l’appartamento della padrona e la sua cameretta, vedeva poco i compagni e per uno speciale favore mangiava a parte.