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in cielo appare» ed egli risponde: «Brunilde è l’unica mia, è il tutto, l’eterno,» e in quello sguardo un’unità celeste rifulse.

Una quiete profonda era scesa nel cuore di Violante, un senso strano d’appagamento e di tenera pace; le sembrava che anche per lei, come per Brunilde, fosse venuta l’ora solenne che determina il destino.

Montalto, ripreso dal dubbio, rimase ancora in preda ad una crudele e furiosa tempesta. Nè più si parlarono in quel giorno.

Nel pomeriggio il maestro chiese ad un cameriere a qual’ora il diretto passasse dalla città vicina.

A questa domanda si sollevò un coro di proteste diverse.

— Montalto parte? ma volete lasciarci ormai? non è possibile! non lo permettiamo!

Fra le altre, il giovine potè discernere una voce un po’ eccitata, ma pur dolcissima, ch’esclamava inconsciamente, obbedendo ad un intimo impulso:

— Ma Gabriele!

Egli non aveva mai udito Violante proferire in tal guisa il suo nome e si volse come trasognato, anzi lo credette un sogno. Ma non si lasciò smuovere dal proposito di partire, ben comprendendo nella delicata coscienza che la sua volontà poteva esser vinta dall’indomato amore.

Un’ora dopo la carrozza di casa Riace lo accompagnò alla stazione.

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