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— Non è fatta per un bambino, è fatta per assecondare il lamento d’una creatura che soffre. Ero triste anch’io quando la studiai, in settembre...

— E ora?

— Ora non più. Perchè lo sarei? Eravate ammalato in quel tempo e io stavo in gran pena.

Il conte Golis, male informato da Bruni, si avvicinò dicendo che veniva ad ascoltare la berceuse di Montalto. Violante voleva rettificare l’errore, ma il maestro, preso da un ghiribizzo artistico, la pregò, con uno sguardo, di tacere.

— Bene, bene. Come si sente l’autore italiano! — sclamò il giovinotto. — Io, per verità, sono amantissimo di quei ritmi vaghi, di quelle armonie delicate che distinguono gli autori nordici moderni...

— Difatti — rispose Montalto, molto serio — quei musicisti sono altamente poetici.

— In grazia, signorina, vorrebbe ripeterla ancora una volta? — domandò Golis; ma dopo poche battute egli interruppe la compiacente ma un po’ stizzita suonatrice:

— Mi compatisca, professore, non sente questo accordo? non le sembra un po’ duro, un po’ arrischiato forse? siamo in la minore, e, se non erro, passiamo in...

— Scusi, signor conte — osservò pacatamente Montalto, imponendo questa volta, con uno sguardo quasi imperioso, il silenzio a Violante che insorgeva per difendere il torto che gli veniva fatto,