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fra il suo maestro e il conte Golis, che parlava molto e che non tardò a fare uno sfoggio più o meno felice delle sue molteplici cognizioni. Quella sera, forse allo scopo di guadagnare il maestro che sapeva molto affezionato alla casa Riace, egli avviò, con destrezza, il discorso sulle arti e si perdette in un facondo confronto fra la musica teatrale e la musica istrumentale, volgendosi quasi sempre a Violante.

— La musica istrumentale — concludeva egli — è meno accessibile al pubblico e più elevata ma mi dà l’idea d’un paesaggio solitario senza traccia di figure umane...

— La musica è bella sempre, sotto qualunque forma il genio si compiaccia di manifestarcela, ma io trovo — rispose Montalto — che qualche volta la figura dell’uomo turba con un triste ricordo di meschinità e di miseria l’imponente grandezza della natura...

— Passi per l’uomo — riprese ridendo Golis, che voleva apparire molto garbato e conveniva per principio — ma se fosse una figura di donna? non mi negherà che la donna abbellisce tutto...

— Oh nemmeno la donna — replicò freddamente Montalto — un’unica donna, sì, lo credo, ma non la donna in genere.

— Il suo professore è molto esclusivo, marchesina! — disse il conte Golis a Violante, che sorrise, mentre sul suo volto profilato una rosea fiamma si diffondeva.