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tiva distratto; non trovava pace in alcun luogo; l’atmosfera estiva gli dava un’oppressione insopportabile, dalla musica stessa non traeva conforto; appena gli riesciva di leggicchiare qualche giornale o qualche libro senza ricavarne alcuna sodisfazione dello spirito.
Le signore di Edace avevano risolto di fare una breve cura a Viareggio prima di recarsi a Villa Vittoria: le loro notizie erano brevi e scarse.
Compiuti gli esami e il saggio finale al liceo, Montalto si sentì preso da maggiore affanno, capì che non poteva più reggere in città e andò a stabilirsi con sua madre e sua sorella in un villino del Cadore, che già da qualche anno soleva prendere a pigione. Poco tempo appresso, insensibile al benefizio dell’aria alpestre, egli ammalò di neurastenia e ci volle lo sforzo eroico della sua volontá per reagire contro l’irritazione nervosa che lo aveva sopraffatto. Egli sofferse assai e la lunga convalescenza gl’impedì d’accettare l’invito della marchesa, che s’era sempre informata col più vivo interesse della sua malattia e che ora lo chiamava insistentemente a Villa Vittoria.
Montalto era afflitto di quella grave privazione e del mutamento subentrato per necessità nei suoi più cari progetti, ma era meno scoraggiato, meno abbattuto d’animo.
La contemplazione continua della natura e dei grandi paesaggi alpini, che rinforzando la fibra fisica inrobustiscono anche l’anima, il continuo