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la divina parola dell’amore dovesse inesorabilmente e per sempre dividerlo dalla creatura ch’egli adorava. Infinita e qualche volta crudelissima sofferenza. Ben sentiva Violante ch’egli, il suo devoto e fido maestro ed amico, non muterebbe mai, che nel volgere degli anni lo avrebbe sempre trovato eguale a sè stesso. Ma un’altrettale certezza non poteva rassicurare l’animo irrequieto di Montalto, e quando la sua scolara ebbe compiuti i vent’anni, egli non trovò più un giorno di pace.

Non era giusto che come tutte le altre fanciulle ella prendesse marito? Anzi non possedeva ella, in confronto alle altre, meriti maggiori, più seducenti attrattive? Non era giusto che anche la marchesa che ora aveva il buon senso di non preoccuparsene, col tempo, formasse, nel suo cuore generoso dei voti per l’avvenire di Violante? D’altronde a una tempra eletta come quella della fanciulla la vita doveva rivelare presto o tardi tutti i suoi misteri....

Così egli pensava, e quant’erano dolorosi quei pensieri! quale tortura! e come gli sembrava vuota, inutile la sua esistenza, nella crescente apprensione d’un fatto inevitabile!

Ogni giorno s’incrudivano i timori di Montalto; ad ogni apparire di persona nuova in casa Riace, ad ogni maggior frequenza nelle visite dei soliti amici, quella penosa fissazione lo martoriava, trovando pascolo incessante alle più strane fantasie.

Durante i lunghi mesi della campagna il tor-