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proporglielo. Egli pensava: Perchè sprecare i tesori del proprio intelletto? Non è forse il pubblico un elemento tirannico e crudele al quale appena il genio, e anch’esso soltanto col tempo, arriva ad imporsi?...

— Al concerto non rimasi sodisfatto dei vani applausi della gente, — diceva Montalto alla marchesa, — bensì della conferma ch’io m’ebbi, in quella non facile prova, delle attitudini superiori della signorina.

Se nel loro intimo tacito accordo la madre e il maestro gradivano che la fanciulla non facesse alcuno sfoggio del proprio talento dinanzi alla società frivola e convenzionale, essi riconoscevano però entrambi il dovere di concedere a quella mente assetata di cose alte e belle tutti i nobili diletti che potessero efficacemente appagare le sue aspirazioni; perciò le serate invernali di casa Riace vennero in gran parte dedicate alla musica.

Il salotto della marchesa accolse, oltre i soliti amici, vari artisti forestieri ed illustri e qualche cantante di grido; un celebre violoncellista belga si compiacque di trovare nella fanciulla un’intelligente accompagnatrice; nella sala da musica risuonarono peregrine canzoni e nobili ritmi di quartetti e quintetti classici e sul volto trasfigurato di Violante si vide spesso rifulgere quel raggio di mistica esaltazione, quel riflesso esterno delle gioie divine che l’arte concede soltanto ai propri eletti. I due giovani andavano facendo una collezione