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sotto la pressione delle sue morbide dita di fata il grande Bösendorfer cantasse: difatti qualche cosa cantava anche entro il cuore della suonatrice.

Ad ogni pezzo ella ottenne crescenti ovazioni, e quando ebbe eseguito, con accento toccante, la morte d’Isotta «Isolden’ s Liebestod», trascritto da Liszt che faceva sempre impallidire Montalto, e l’uditorio, esaltato, espresse con insistenza il desiderio di udirla ancora, non sapendo affrontare, due volte di seguito l’emozione quasi penosa che le destava nell’anima quello squarcio potente del dramma d’amore wagneriano, Violante attaccò, all’improvviso, uno scherzo vivacissimo e assai difficile del suo maestro, il cui trio pieno di passione era una vera trovata del compositore e anche dell’interprete.

Allorché la fanciulla colle mani ricolme dei fiori che le avevano offerto e che voleva portare ella stessa, raggiunse sua madre, Montalto le apparve commosso, scolorato in volto.

— Mi perdonate? — diss’ella, con un arguto e luminoso sorriso, — ci ho trovato tanto gusto a farvi questa sorpresa!...

— Grazie, Violante! — mormorò il giovane contenendo negli occhi, più dicenti della parola, la sua emozione quasi angosciosa.


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In quell’anno però Violante non volle più prodursi in pubblico, e il maestro si guardò bene dal