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E quando, da una stanza attigua alla sala del concerto, egli la vide presentarsi allo sguardo e al giudizio di quel mondo che, fatte poche eccezioni, gli pareva composto di esseri frivoli, ignoranti, radunati dalla curiosità o dalla moda, quando udì il battimano che raccolse, dovette soffocare con violenza un grido d’ira o di ribellione che gli sfuggiva dal petto.

Ma ella suonava già, suonava colla strana magia della sua geniale natura d’artista.

Era la sonata appassionata di Beethoven, scelta di comune accordo col maestro, per il suo carattere drammatico.

Ormai dimentica di quanto la circondava la fanciulla, ispiratissima, pareva irradiata da una luce interna, e sul suo fine volto aristocratico, nell’inconscio e lento volgere degli occhi, nel vago e quasi tremulo sorriso, una bellezza strana era venuta gradatamente a rifulgere.

Suonava a memoria, sicurissima, sollevando ogni qual tratto la testa, come volesse concedere al suo pensiero la libera visione delle immagini evocate dalla musica.

E il maestro, pur non osando guardarla sempre, non vedeva che lei, la dolce e cara figura di donna e di suonatrice trionfante nella grande sala gremita di ascoltatori, nello sfavillìo di migliaia di fiammelle che sembravano cingerle d’un’aureola la bianca fronte.

Un subisso d’applausi seguì l’ultimo tempo della