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che adornavano il giardino. Quando fu giunto a poca distanza levò lo sguardo verso la fanciulla, impallidì, non ebbe più la forza di procedere.
Elfrida impassibile, lo prevenne, muovendogli incontro con un freddo sorriso.
— Ella desidera? — domandò quietamente.
— Io?... non so.... volevo vedere le rose... — balbettò il giovane.
— Potrò mostrargliele io stessa, sono Annie Revel e mi occupo particolarmente di questo fiore... — ella proseguì con accento sicuro, fermandosi su quel nome, imponendogli il silenzio con gli occhi.
Enrico Moras le rivolse uno sguardo smarrito, ma chinò il capo senza rispondere e la seguì macchinalmente nella serra ov’ella sedette, dopo avergli additato una poltroncina di giunchi.
— Ecco il catalogo — proseguì la fanciulla, porgendogli un libriccino, il cui semplice frontispizio bianco era adorno da un ramo di rose disegnato da lei, Osservi la sezione delle Noisettes, signore, ne abbiamo di bellissime.
Moras prese il catalogo con le mani tremanti e si mise a sfogliarlo senza capir nulla, mentre ella nominava volubilmente le specie, spiegandone l’abito, le qualità, il profumo, mal celando lo stato del suo animo.
— Lassù, fra le Alpi ov’io dimoro.... le rose riescono assai bene..... — balbettò alfine il giovine.