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Dopo quel primo fuggevole incontro, il giovine signore non aveva mancato di tornare al giardino Roccaoliva. Egli passava anche spesso in carrozza o a cavallo, si tratteneva un momento per prendere un fiore o delle sementi, per ordinare un mazzo, un canestro, una ghirlanda, cercava ogni pretesto per rivedere Annie Revel.
Sul finire di maggio, una sera, Alessandro di Beira. si trovò solo, per caso, con la fanciulla sotto il loggiato dello stabilimento. Una fragranza acuta. di gigli, di gelsomini sì diffondeva nell’aria già molle d’un tepore estivo.
Dopo ch’ebbero parlato alcun tempo d’un roseto che il giovine aveva intenzione di piantare nella sua villa, vi fa un lungo silenzio, poi egli la chiamò dolcemente per nome.
Elfrida arrossì e volse lo sguardo altrove. La sua commozione era turbata da quell’insolita familiarità.
— Annie! — egli ripetò — vi rincresce che vi chiami col vostro nome così soave nel suo esotico suono?....
— L’ho ereditato dalla mia nonna — disse Elfrida, involontariamente.
— Era dunque inglese, la vostra nonna?
— Era nata in Scozia.
— Voi dovete avere una storia, come le rose... quando mi narrerete la vostra storia, Annie?