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dunque là, al teatro che, non visto, voleva rivederla. E tutto il dì errò indarno per le vie di Firenze, alle Cascine, nel Viale dei Colli, con una vaga speranza d’incontrarla. Egli fu dei primi ad entrare in teatro e dalla sua poltrona di platea vide popolarsi i palchi ad uno ad uno. La marchesa, non tardò a comparire nella seconda fila di destra con una signora che non conosceva. Manuela rimase in fondo al palco finche il direttore non sedette sul suo scanno. Quand’ella s’affacciò sul davanti, Rose ebbe un sussulto e si sentì svanire il sangue dalla faccia. La signorina Aparia s’era fatta molto bella. Ella portava un vestito semplicissimo color dell’acqua marina, guernito con piccole ciocche di rose bianche molto simili a quelle che fiorivano sugli archi dello stabilimento. Parve al giovane di sentire il profumo di quelle rose e tutto il passato gli si ridestò nella mente con un’evidenza tormentosa. Ah! mai più egli avrebbe passeggiato con lei in quel chiostro e nei viali ombrosi del vecchio parco!...
Il preludio cominciava. Era la musica di un giovane maestro che cercava le novità nelle licenze armoniche. Una specie di strazio era in tutte quelle arditissime dissonanze, e Gustavo Rose, avvezzo ad afferrare subito il valore delle cose musicali, più compenetrato che convinto, si sentiva venire da quell’arte lusinghiera e corruttrice, un affanno senza nome.
Egli non osava volgersi verso il palco per timore