Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 349 — |
sempre di che pascere la sua insaziabile avidità, fomentata dall’ozio e dalla noia.
Le signore Aparia avevano fatto la conoscenza d’un vecchio musicista, celebre suonatore di clarino, un uomo pieno di giovialità e di spirito, che s’era onestamente goduta la vita. Ammiratore entusiasta di Rossini che nei suoi ultimi anni l’aveva onorato col nome d’amico, egli non voleva riconoscere al di là delle sue opere alcun progresso d’arte, e ne andava suonando a memoria le ultime composizioni poco conosciute nel mondo musicale.
Il vecchio professore s’era incontrato una volta, a Napoli, con Rolando di Montemagno, e così avveniva che quand’egli lasciava errare le sue mani piccole e rigide ma sicure sulla tastiera, ricordando i bellissimi Riens del grande maestro, volgendo ad ogni accordo peregrino la testa, in cerca di ammirazione, il giovane si trovasse dall’una e Manuela dall’altra parte del pianoforte
Rose li vide in quell’attitudine di simultaneo applauso, e ne provò una stretta al cuore.
In quei giorni erano giunti diversi ammalati gravi che non comparivano mai in pubblico, fra i quali un povero pazzo che aveva tentato suicidarsi. Il medico n’era accoratissimo e le angustie della professione accrescevano ih tormento del suo invincibile affetto.
Un giorno egli incontrò in paese la signorina Aparia con Eva Antella, Montemagno e il professore di clarino. Andavano in chiesa a provare