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Manuela faceva una cura regolarissima: meno schiva della gente, seguiva sempre sua madre, anche la sera nella sala di riunione e la prima domenica manifestò subito il desiderio di prender parte alla gita comune che aveva per iscopo di visitare il castello di Gaglianico, al di là di Biella. Ella faceva molte passeggiate anche nei dintorni dello, stabilimento, con sua madre, con Montemagno e con qualche signora; la pittorica valle del Cervo le aveva già rivelato tutte le sue bellezze, fino a Pie’ di Cavallo, l’interessante, caratteristico. paese che la chiude nella vergine poesia alpestre.

Rose la vedeva pochissimo. Una volta però, tornando da Tavigliano, egli prese una scorciatoia ed entrò in un piccolo bosco nelle vicinanze dello stabilimento. Patti pochi passi scorse in terra, sul muschio, un paio di guanti, un libro e un cappello e ne riconobbe la forma semplice e il grande nastro bianco; poco dopo, sbucando fra due cespugli colla solita leggiadria, Manuela gli fu dappresso.

— Ah dottore! — esclamò ella, senza tradire alcun turbamento — il destino l’ha messa oggi sulle mie tracce, e non indarno, perchè ho bisogno di lei, mi sento male.

— Perchè, signorina?

— Impressioni vaghe che non si spiegano. Sono cose che si agitano nell’aria, presentimenti, un malessere morale, profondo. M’aiuti lei che m’ha insegnato tante volte a vincere.