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Nella contentezza del lieto ritorno, la fanciulla parlava con un corto confidenziale abbandono, sicura del suo interlocutore, come d’un fratello, come d’un uomo al quale non si potesse attribuire altro interessamento che quello d’una fraterna amicizia.
E Rose ascoltava, ascoltava la musica di quella voce, ammirando la simpatica fanciulla alla cui squisita grazia giovanile, il dolore aveva aggiunto un fascino intellettuale; gli pareva che in lei si fosse incarnata la sintesi delle sue teorie psicologiche, e, nella luminosa conferma di esse, divampava ardente l’amore.
La sera, quand’egli tornò alle sue stanze, gli eruppe dal petto la gioia immensa di quel ritorno. «Manuela! Manuela!» chiamava egli fra se, tutto rapito dall’ebbrezza della visione che il suo spirito aveva sì spesso evocata e che gli riappariva ancor più fulgida e più seducente, irresistibile.
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Il giorno seguente, pensando, colla mente più tranquilla e analizzando sè stesso, come soleva far sempre, Rose provò un senso di fiero dolore. Non era uomo da concedersi illusioni. Conquistare Manuela non era cosa facile, e il tentarlo dopo le confidenze avute, gli sembrava azione indelicata oltreché ripugnante alla sua alterezza. Gli affetti non s’insegnano, s’inspirano, ed egli, da buon psi-