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giorno, finalmente, sfogliando il suo corriere, gli venne tra le mani una piccola busta lunga, profumata d’iris, col bollo di Firenze. Egli l’aperse con trepidanza; era proprio Manuela che scriveva per incarico della marchesa indisposta: due sole righe che gli chiedevano l’appartamentino dell’anno trascorso, per i primi di luglio. Gustavo Rose telegrafò subito, poi ripose quella letterina nel suo portafogli per averla sempre seco. Adesso gli pareva più splendido il verde, più raggiante il sole, più dolce la fatica; quel giocondo attendere del suo spirito, del suo cuore, lo spronavano febbrilmente al lavoro.

Una cartolina della marchesa gli fece noti il giorno e l’ora precisa dell’arrivo, il quattro luglio, verso le sette della sera. Rose discese nella piazza del paese, s’avviò verso lo stradale di Biella e aspettò. Un nuvolo di polvere da lontano nel chiaro crepuscolo estivo, un trotto serrato di cavalli.,. eccole... sono loro... coll’Adele che si volge, lo riconosce, lo addita alle signore. La carrozza si fermò. Manuela, per la prima, gli stese la mano con viva cordialità. A Rose ella sembrò cresciuta, trasfigurata. Il volto gentile della fanciulla, perdendo il suo pallore trasparente d’inferma, la sua espressione abituale di patimento s’era come irradiato d’una geniale serenità. Con lo sparire della eccessiva magrezza, tutta la persona aveva acquistato la leggiadria elegante ed armonica d’un bel fiore ch’è presso a raggiungere il suo intero svi-

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