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— Il dottor Gustavo Rose?... io sono Rolando di Montemagno, un vero intruso in questo luogo, signore. Non feci a tempo di chiederle una stanza... Avrei potuto telegrafare, ma che vuole? non c’era nemmeno la possibilità di ottenere la risposta. Avevo fissato di partire ieri mattina da Roma per Viareggio, e invece, non so come, un istinto m’indusse improvvisamente a mutar pensiero e me ne venni qui assetato di buon’aria. Laggiù si bruciava.
— Non c’è nemmeno una stanza in libertà — insistette il segretario — ma forse qualcuno oggi se n’andrà, anzi, non parte la marchesa Aparia stasera, signor direttore?
— Sì - disse finalmente Rose collo sguardo rabbuiato. — In qualche modo accontenteremo anche il signore. Intanto, se volesse accomodarsi da me...
E mentre Montemagno, accettando, si disponeva a precederlo nel suo studio, Manuela entrò nel corridoio. Era vestita come sempre di chiaro, d’una stoffa vaporosa e portava in mano un mazzo di ciclamini. Il cappello nero le proiettava un’ombra pittorica sul volto sorridente e colorito dall’ora mattutina. Un profumo si diffuse, acuto, dai fiori, ed ella passò in fretta, rispondendo cortesemente al saluto di Rose. I due giovani si soffermarono un momento a seguirla collo sguardo.
— Una bagnante? — chiese il nuovo arrivato.
— Sì, una bagnante — rispose il medico, freddamente, chiudendo dietro a sè l’uscio del suo appartamentino.