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mino si diffondeva nell’insolito tepore dell’aria, un cuculo tardivo cantava nel parco. Ogni tanto una striscia vibrante di fuoco schizzava verso il cielo rompendosi in miriadi di scintille multicolori. Il clamore del pubblico plaudente e le grida entusiastiche dei bambini non turbavano la placidità dell’ora notturna. Rose si sentiva un tumulto nel cuore, ma non era capace di parlare, e nella dolce vicinanza di Manuela, dinanzi alla complice bellezza della natura, quel trepido silenzio aveva per lui una specie di spirituale voluttà.

Ma ella ad un tratto lo interruppe:

— Fuggo la gente, stasera, perchè sono in una delle mie fasi cattive. Il mio pensiero è laggiù lontano... — E accennava all’orizzonte sfumato nella notte.

— Sarà dunque così sempre, Manuela?

— Non so, qualche volta lo temo. Fra poco dovrò rivederlo.

L’anima chiusa della fanciulla tornava, forse per un irresistibile bisogno di conforto, quasi inconsciamente, al confidente abbandono di quel giorno. Rose ebbe un sussulto.

— Rivederlo? — esclamò egli.

— Ma sì, dottore. Le nostre ville sono vicine, in campagna ci si trova più facilmente... e i miei gli sono sinceramente affezionati...

— Perchè dice «fra poco»?

— Perchè la settimana ventura dobbiamo partire. Siamo qui già da un mese e mezzo.