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Risuonavano già da lontano i campanelli delle pariglie campestri e l’allegra fila di legni non tardò a giungere a festoso trotto. La marchesa e Manuela erano nel terzo landau e Gustavo Rose, che aveva aguzzato indarno lo sguardo nella penombra, si trovò per istinto dinanzi a quello.

Egli aiutò le signore a scendere e Manuela, mostrandogli un mazzo gigantesco di poligoni e di campanule, gli disse vivacemente:

— Oh dottore, Oropa è incantevole! quanti fiori e qual vista sublime! Non avrei voluto partire mai, è un vero luogo per guarire, lassù!

Ma, accortasi subito d’aver proferito una parola scortese, gli porse una genziana turchina e soggiunse:

— Si ritorna però volentieri al chiostro, sa! Eccole il mio fiore, ne abbiamo portato tutti per il nostro padre guardiano, dei fiori!

La fanciulla era giuliva in quella sera, le era rimasto in volto il riflesso di quella specie d’esaltamento salubre che danno sempre agli esseri nervosi e delicati le ascensioni sulle alte montagne. Appena uscita da carrozza ella si perdette in mezzo ad un crocchio di signore e Rose, ch’era rimasto un poco in disparte, lasciò che i bagnanti salissero allo stabilimento e si dileguò nell’oscurità della campagna solitaria.

Il giorno appresso, quando andò a visitare la signora Bruni, ch’era stata anch’ella ad Oropa,

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