la sozza realtà che intravvidi mi mutò. Non fui più quella. Mi sentii crescere gli anni sul capo, una sola esperienza basta’ per la vita, è una vecchia che le parla, Rose. Quella ragazza destava in me una compassione mista di ribrezzo; i rapporti in cui mi trovavo con mio cugino non le erano certamente ignoti e nell’effondersi direttamente con me, non so s’ella seguisse un ignobile istinto di vendetta, o il desiderio di salvarmi. Io però, cosa strana, non ebbi alcun dubbio sulla verità della sua rivelazione. Ella esigeva il segreto, glielo promisi, le promisi che avrei parlato ad Ermanno, che l’avrei indotto ad una giusta riparazione, pur ch’ella consentisse a licenziarsi subito, con qualche scusa, dal nostro servizio. La sua presenza non m era sopportabile. Ciò accadde infatti, ma, Dio buono, lo strazio dei giorni che seguirono! Il tormento della necessaria dissimulazione!... Per fortuna ammalai con una febbre ardente e non fui costretta di scrivere a mio cugino. Aspettavo con angoscia il suo arrivo e appena egli fu giunto colsi il primo momento opportuno per parlargli. Ero in giardino ed egli venne a me, con tenerezza, accennando all’avvenire non molto lontano ormai, chiedendomi ansiosamente la cagione del mio contegno gelido... Un impeto d’ira mi prese allora, ed ebbi la forza di dirgli tutto, di rinfacciargli i suoi torti, di ricordargli quali doveri lo allontanassero da me. Non so come osassi parlargli di certe cose, m’era venuto un coraggio strano.