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con sincerità, avvicinandosi al letto, mentre la cameriera apriva un poco le persiane. Un raggio di luce penetrò nella cameretta ed egli scorse più chiaramente la testina gentile della sua paziente e le pastose trecce brune mezzo disfatte sui guanciali. Sedette a piedi del letto e, vedendola stizzita, riprese pacatamente:

— Via, abbia pazienza, sia compiacente... mi faccia un po’ la storia fisica della sua vita.. ne ho bisogno, per regolarmi...

— Vengo io! — rispose donna Cristina tutta trasognata, uscendo dalla sua camera con un accappatoio bianco.

— Oh mamma! — sciamò la fanciulla, buttandole le braccia al collo — perdona se t’abbiamo svegliata, io non posso parlare...

Rose intraprese un delicato ma, per quanto gli era possibile, minuto esame intorno alla famiglia Aparia, e al padre di Manuela, s’informò della nascita di lei, dell’infanzia e delle malattie a cui era stata soggetta da bambina e via via nell’adolescenza, analizzando le sofferenze che adesso la travagliavano e studiandone l’origine.

Donna Cristina, un po’ commossa, assecondava pazientemente le sottili indagini del medico, mentre la fanciulla, mezzo seduta sul letto e abbandonata fra i cuscini, non apriva bocca.

Rose, intento all’interrogatorio, molto cortese ma tutto compreso dall’impegno della professione, andava scrivendo mano mano degli appunti in un