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meglio. Ora l’aria comincia a farsi umida, siamo in montagna. Non vorrebbe venire un pochino in sala? Si faccia animo, vede, ci vanno tutti.
— No, no. Ci venga mamma, se vuole. Io ho bisogno di ritirarmi.
— La marchesa scosse la testa come per dire: «È inutile, è ammalata, conviene compatirla!» E con un fare rassegnato s’avviò verso le scale con la figliuola.
— Oggi è giusto, dev’essere stanca — mormorò il dottore dando loro la buonanotte. — Domani mi permetterò d’insistere un pochino di più.
Manuela irritata non rispose, ma s’affrettò a salire e appena furono sole disse con amarezza a sua madre, non curandosi che la sentissero:
— M’hai condotta in una vera prigione; non manca nulla, nemmeno il carceriere.
Due ore più tardi, volendo fumare all’aperto il suo unico sigaro della giornata, Gustavo uscì dal primo piano sulla collina e dopo aver fatto una salita di pochi passi per il viale, si fermò, sorpreso. Dinanzi a lui, nel mite chiarore d’una serena notte stellata, stava una figura di donna avvolta in uno scialle bianco e appoggiata al tronco d’una catalpa in fiore. Il profilo tenue e della fierezza gentile di certi angeli delle antiche scuole appena s’intravedeva tra le frange che gli facevano velo.
Dal paesello sottoposto un suono lontano di chitarre e di flauti veniva flebile, nel silenzio dell’ora notturna.