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specie di larga terrazza che ombreggiavano molte piante rigogliose e donde poteva spaziare lontano lo sguardo sopra un incantevole orizzonte.

Donna Cristina e sua figlia percorsero lentamente tutti i viali. Di tratto in tratto una bagnante frettolosa, intenta alla sua reazione e intirizzita ad onta del caldo, passava, guardandole con una certa curiosità mista di desiderio e di diffidenza.

Rientrate nel chiostro le due signore s’avviarono verso le scale. Erano scale strette e bagnate, bagnati erano i corridoi; un’umidità calda trapelava dai muri, dalle pietre.

— Le nostre stanze non saranno qui, spero! — disse la marchesa al segretario che la veniva seguendo premurosamente.

— No, no, Eccellenza. Qui vi sono i bagni, favoriscano dall’altra parte.

E, attraversando una delle gallerie, s’avviarono verso l’ala di mezzogiorno.

— Non è libera la torretta? domandò Manuela.

— È proprio la torretta che il signor direttore ha loro assegnata, signorina; è più alta ma più allegra.

E come furono giunte al secondo piano, il segretario le introdusse in un appartamento composto di due stanze libere, la seconda delle quali metteva nella torre per mezzo d’una scaletta a chiocciola.

— Qui non si starà male — disse donna Cristina affacciandosi al balconcino.