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tasia, tu sei la virtù e io sono il peccato... La tua proposta, Emilia, pur onorandomi non m’ha reso migliore: io ti promisi, sull’altare, una fede che non ero certo di poter mantenere.

Un grido soffocato le sfuggi dal petto e quasi inconsciamente ella esclamò:

— Dio santo! tu ami Irene Saradia!...

La mano s’allentò dalla spalliera, la persona si ritrasse con spavento

— Lo so — diss’io, esasperato contro me stesso — io sono crudele, sono perverso, ma dopo tutto, l’ipocrisia è la peggiore di tutte le bassezze e il mio spirito vi si ribella.

— Tu l’ami? ripetè Emilia guardandomi con gli occhi smarriti.

Nella sua fisonomia v’era un’espressione così disperata che mi parve di essere un malfattore presso a commettere un delitto, ma stanco, sdegnato dalla lunga volgare finzione, non ebbi più la forza di persistervi, e assentii tacitamente.

Ella indietreggiò sollevando le mani tremanti con un atto non so più se di ribrezzo o di pietà, ei nostri occhi 8’ incontrarono con un diverso, indefinibile sguardo.

Emilia fu la prima a rompere il silenzio e disse con una calma mortale:

— Ora soltanto comprendo il mio errore, ma non v’è più rimedio, queste cose non passano che colla vita.

Allora io mormorai pressochè inconsapevole: