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colai, con impeto, dalla dolce stretta di quelle piccole braccia, le dissi delle parole incoerenti, le ordinai fieramente di lasciarmi solo. Ella mi guardò, sorpresa, si volse con un’impressione di terrore, e tornò con lento passo, singhiozzando, alla casa. Oh! quel singhiozzo!.... Non potevo sopportarlo e m’’inoltrai nel fitto del bosco. Le ultime parole di mia madre mi tornavano alla mente anch’esse con un’insistenza tormentosa, ma, tutt’a un tratto, mi parve udire il riso argentino d’Irene, e quel riso fresco, squillante, musicale, vincendo ogni altra sensazione dell’’accesa fantasia, sì sparse, come un concerto, entro le ombre profonde del parco.


🞻 🞻 🞻


Il giorno appresso, mentre stavo nel mio studio, inerte, spossato nel corpo e nello spirito, Emilia, come di consueto, pian piano entrò.

— Non t’inquietare, Curzio — diss’ella, sforzandosi d’apparire calma — non ho che a rivolgerti poche parole... una domanda sola.... è necessario per la mia pace, fors’anche per la tua.....

Dissi fra me: «Il momento estremo è giunto» feci un sospiro di sollievo e con un cenno vago l’invitai a parlare.

Io ero seduto alla mia scrivania, ella in piedi a poca distanza. Mi sovvenne, con una straordinaria vivezza, del nostro primo colloquio in giardino. La sua mano s’era posata sulla spalliera della