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di rivederla, rimase, alla prima, un po’ attonito, quasi triste, e due o tre giorni dopo l’arrivo delle signore di Riace, quando la marchesa lo pregò di riprendere le lezioni, fu con un senso affatto nuovo ch’egli sedette al pianoforte accanto alla sua scolara. La fanciulla gli suonava un preludio e una fuga di Bach, che aveva imparato a memoria durante il soggiorno in villa, e egli, per la prima volta distratto dalla musica, la: guardava, senza che se ne accorgesse, con una meraviglia profonda, con uno strano turbamento. Era l’immagine della sua visione, dinanzi alla quale il giovane ardente durava fatica a ritrovare in sè stesso il maestro.

Un tempo, quand’era piccina, egli le aveva dato qualche volta del tu, poi era passato al voi, adesso non osava più nemmeno questo, e diceva lei....., ma nel proferire quel pronome gli si stringeva il cuore, come se una grande distanza all’improvviso li dividesse, come fossero divenuti tutt’a un tratto estranei uno all’altra o cominciassero appena allora a conoscersi.

A poco a poco però quell’impressione singolare e dolorosa si dileguò e gli parve che l’antico affetto tacesse luogo ad un legame diverso più forte ancora e più tenace.

In quell’anno, per amore della figliuola, la marchesa cominciò a desistere dalla severità del suo lutto e, pur consacrando sempre un culto fedele alla memoria del marito perduto, desiderò che Violante godesse di tutti i vantaggi che poteva offrirle

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