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quell’insolito silenzio, ma un giorno mi balenò alla mente il dubbio che qualche sospetto potesse essere penetrato nell’anima di Emilia, e preso da un’improvvisa angustia risolvetti di ritornare, per qualche tempo, a villa Subeiras, lottando contro me stesso e resistendo all’amore esclusivo e quasi feroce d’Irene la quale avrebbe voluto che spezzassi ogni legame per lei.

Trovai Emilia alquanto abbattuta. Ella m’accolse con la solita tenerezza ma io sentii che, nell’affettuoso saluto, le sue piccole braccia tremavano intorno al mio collo, vidi il suo dolce sorriso offuscato da un’ombra grave. Per quanto ella si sforzasse di dissimularla, ogni atto, ogni movimento tradiva in lei una segreta cura dell’animo. Non vi fu, allora fra noi, alcuna spiegazione, ma una notte, mentre stavo scrivendo ad Irene, Emilia entrò inaspettatamente nel mio gabinetto. Al vederla, con l’accappatoio bianco, così lieve nel passo, mi parve una fantasma.

— Ti disturbo, Curzio? — Ella domandò con la sua voce amorevole.

— Oh perchè? Soltanto m’hai fatto paura, a quest’ora insolita; ti credevo addormentata da un pezzo.

— No, non potevo dormire e sono venuta a salutarti e a vedere quello che fai. A chi scrivi così a lungo?

— A Irene Saradia — - io risposi, con un brivido. — Devo parlarle della mia nuova commedia.