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— Dove laggiù?

— Nella vostra villa, fra gli ozii della campagna.

— Appena finite le recito del mio dramma. È nel silenzio che si lavora e io corro al lavoro. La geniale interprete d’E va mi stará sempre dinanzi come una muta ispiratrice. Vorrei che mi riuscisse di plasmare una figura ancor più degna di voi! Se la troverò voi la farete rifulgere, voi le infonderete il soffio vitale, non è vero?

— Non so. Il desiderio mi porta lontana, molto lontana! — diss’ella.

— Verso il sogno, Irene?...

— Oh! il sogno!.. il sogno mi fa paura!

Ella s’era alzata di scatto. Un profondo turbamento le traspariva dal volto. Mi parve che volesse congedarmi e m’avviai verso la porta. Ella mi stese la piccola mano nervosa che sembrava presa da un gelo di morte.

— Addio, Eva! — diss’io.

— Addio, Aùtari... — ma questo ch’era il nome dell’amante d’Eva, le morì sulle labbra, con un impercettibile suono, e volgendosi, ella scomparve nella camera vicina. In quei giorni, sola, non potei rivederla mai.


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Richiamato ad Arvaz, dalle insistenti preghiere d’Emilia, trovai la vita campestre molto monotona. Non mi sapevo adattare alle solite abitudini, alle