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— Eppure io non l’ho ancora trovata in tutta la sua efficacia. Domani, Alvise, domani io sarò Eva, assolutamente...

Irene parlava, parlava e, a poco a poco, una vertigine mi annebbiava il cervello. Mi parve tutt’a un tratto, che Emilia non avesse mai vissuto, che villa Subeiras fosse scomparsa, che per me non esistesse più nulla fuorché il teatro, il mio dramma e quella donna seducente. Mia Emilia doveva arrivare, quella sera stessa, con Fräulein Frühman e io avevo promesso d’andare alla stazione. L’ora passava: mi destai, con uno sforzo da quella strana ebbrezza, pigliai una carrozza, esortai il fiaccheraio a sferzare il cavallo e giunsi appena in tempo per ricevere le due viaggiatrici. Mi parve che Emilia venisse da un paese lontano, da un paese che non era il mio. La sua preoccupazione eccessiva per certi nonnulla della vita, per una cinghia rotta, per una macchia del suo ombrello, cominciò già ad infastidirmi. La condussi con un senso di riluttanza all’albergo Milano ove alloggiavo da qualche giorno io stesso.

Emilia mi rivolse poche domande intorno all’esito delle prove, s’informò piuttosto, con un certo interesse, degli attori e delle attrici, ma quando le dissi che Irene Saradia abitava li presso di. noi, allo stesso piano, tradì, suo malgrado, la viva contrarietà dell’animo per tutto quello che riguarda il teatro. Mi chiese subito se avessi gradito ch’ella facesse la conoscenza della