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cocenti per non affliggermi, ma spesse volte la trovai col corpo abbandonato sulla piccola culla dalla quale non aveva voluto ad ogni costo separarsi. Se quel bambino non fosse morto, torse l’amor materno avrebbe dato ad Emilia la forza di vivere per lui. Oh! con quale amarezza ricordo il giorno in cui Alwine ed io andammo ad accompagnare al camposanto d’Arvaz la piccola bara bianca in cui erano sepolte, per sempre, tante dolci speranze!


🞻 🞻 🞻


Il mio dramma era finito. Avevo atteso a quel lavoro con tutto l’entusiasmo che può dare una tempestosa giovinezza infiammata dalla passione dell’arte.

Alla protagonista Eva Arnim avevo dedicato tutto il mio intelletto e tutto il mio cuore. Era una figura selvaggia che non ammetteva altra legge fuori dell’amore, che all’amore aveva dato ciecamente sè stessa fino alla morte.

Emilia s’era mostrata un po’ diffidente verso l’opera mia, nondimeno, quando seppe che ne avevo scritto l’ultima pagina, mi chiese di fargliela conoscere.

Eravamo soli, una sera, in un gabinetto, quando mantenni l’impegno. La buona Emilia allestiva una vesticciuola per i poveri. Il movimento e il rumore dei ferri da calza mi davano una tale molestia che dovetti pregarla di smettere.