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a cuore d’adempiere lealmente al mio incarico; la febbre di scrivere c’era ma il dovere la teneva repressa. Ora non ho più alcun impegno fisso, sento il bisogno di fare qualche cosa, una cosa bella, nuova, grande vorrei fare, e se me ne derivasse un po’ di gloria, la gloria sarebbe tutta tua, la metterei come una corona, sul tuo capo, Emilia..

— La gloria è una cosa mutabile e capricciosa, ma gli affetti della famiglia sono un bene che nessuno ci può rapire — diceva ella con la più sincera convinzione — io non mi sento ambiziosa, io non aspiro alla tua gloria, Curzio, io aspiro all’amor tuo!

— Tu sei una donna e non puoi comprendermi! — esclamai, una volta, reprimendo a stento l’irritazione che mi sorgeva dal fondo dell’anima.

Ella mi guardò tristamente e mormorò:

— T’amo tanto!... è forse per questo mio grande amore che tutte le altre cose mi sembrano vane.

Io l’accarezzai, cercando d’acquietarla, poi subito la seguii in giardino ma fui lieto di veder sopraggiungere alcune signore del vicinato le quali costrinsero Emilia ad entrare nel salotto e permisero a me di tornare allo studio.

Avevo lasciato una scena nel punto culminante e volevo finirla, ma la visione m’era sfuggita, il dialogo che prima mi si svolgeva facile e chiaro nella mente diventava scialbo e stentato, la corrente era interrotta, non mi trovavo più in