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infinita tenerezza, non ebbe per me alcun raggio d’idealità.

Nella carrozza ov’ella aveva preso posto con Alwine, montarono il cugino Subeiras e il medico del paese, nella mia un avvocato di N... e due amici venuti da Milano. Non avevamo fatto alcun altro invito.

La scena, nella piccola stanza dell’ufficio comunale ove un sindaco balbuziente ci unì dinanzi alla legge, mi parve un poco grottesca, per fortuna fu breve e l’impressione rimastami nell’animo, si dileguò quando, nell’entrare in chiesa mi giunsero all’orecchio i suoni mistici di un mirabile preludio del padre Martini. Al mio amico Marcello Nocera, ottimo musicista, era venuta la felice ispirazione di suonare l’organo. Quella musica mi scese nell’anima, suscitandovi un ardente bisogno del bene. Guardai Emilia che saliva i gradini del presbiterio, con passo fermo, sorreggendo con una certa cura il lungo strascico del candido vestito. Prima d’inginocchiarsi, ella sollevò verso di me le brune pupille, dallo sguardo fedele, ove una serena contentezza rifulgeva, ma non mostrò alcuna commozione per la geniale sorpresa di Marcello.

Il prete di campagna, un pio vecchio, pronunziava con voce tremula ma solenne le belle parole del rito nuziale.

Quod Deus conjunxit homo non separet.

Questa sentenza mi diede un brivido di tristezza e di paura.