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aggiunte che due visite giornaliere ad Emilia. Invece di trattenerci in casa o nel giardino andavamo spesso a passeggiare nei dintorni insieme alla buona e fida Alwine che non capiva in sè dalla gioia.

Come si mostrò felice, Emilia, in quel tempo! Liet della sua contentezza, io mi lasciavo sfuggire. qualche tenera parola, vivevo in una incomprensibile illusione sopra me stesso. Furono tre mesi strani che il silenzio della campagna avvolse in un velo di pace apparente e traditrice.

Quando partii per Torino, alcune settimane prima del matrimonio, il distacco mi costò una certa fatica: Emilia ne soffriva assai, ma, come sempre, cercò di vincersi per non turbarmi.

Non so perchè, quel breve soggiorno in una grande città mi destò subito dall’inganno in cui ero caduto. Tornai alla villa, la vigilia delle nozze, e passai la serata con Emilia e con Alwine. Verso mezzanotte, prima di lasciarci provammo entrambi una intensa, ma ben diversa commozione: Emilia era tranquilla, fidente; nel mio cuore invece cominciava ad agitarsi una fiera tempesta. Feci tutti gli sforzi per dissimulare l’interno affanno, mi chinai sulla pura fronte della mia fidanzata e la baciai per la prima volta, ma appena fui solo, nelle mie stanze, mi gettai sul letto in un impeto di disperazione. In quella notte terribile lo stato della mia anima mi si rivelò con una spaventosa chiarezza. Vedevo, disteso sopra un mobile, come una fantasma di