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rina Subeiras che le sembrava il mio angelo tutelare nel mondo pieno di tentazioni.
In quel tempo, sperai anch’io di poter amare Emilia e fu con una sicurezza strana, con una specie d’esaltamento che la rividi dopo la sua malattia. L’avevano trasportata in giardino, sopra una sedia a sdrajo, in mezzo ad un boschetto di philadelphus fioriti e fragranti e Alwine era venuta a dirmi che, se volessi scendere, mi vedrebbe volentieri. Al mio apparire la signorina Subeiras arrossi vivamente e mi rivolse uno sguardo in cui si leggeva insieme all’ansietà una fierezza dolorosa. Io mi avvicinai sorridendo e dissi piano:
— Emilia! cara Emilia!
Non avevo mai osato chiamarla col suo nome. Ella ne parve commossa, i suoi occhi bruni si velarono di lagrime e dalle labbra ancora pallide esci come un soffio la timida domanda:
— E dunque?..
Io mi chinai a baciarle la mano.
Eravamo fidanzati e intorno a noi sorrideva la primavera nelle fiorenti aiuole, nei gorgheggi delle capinere, nella serenità luminosa del cielo.
🞻 🞻 🞻
Siccome la cerimonia nuziale doveva aver luogo soltanto in ottobre, non parlammo con nessuno della nostra promessa di matrimonio; io rimasi alla villa e non tardai a riprendere la vita consueta alle cui monotone abitudini non s'erano